La "Consulta per la Giustizia Europea dei Diritti dell’Uomo" non è stata per la verità molto presente durante i quattro anni della mia segreteria perché sono stato impegnato in altre cose, ma alcuni problemi li abbiamo studiati.
Uno di questi, che ci ha sempre angosciato, è stato quello dell’imparzialità.
Diceva un grande filosofo che la maggior parte di noi considerano un pazzo, o hanno considerato un pazzo, Nietzsche, che i grandi problemi hanno bisogno di un grande amore, di una grande passione e che sono ranocchie e mezzi uomini, diceva lui, coloro i quali non contrappongono ai grossi problemi le grandi passioni.
Il tema dell’indipendenza del giudice e della sua imparzialità, secondo me, è uno di quei temi che impongono una grossa tensione e una grande passione.
Il diritto all’imparzialità, secondo me, è un mito e proprio perché è un mito ha bisogno di un grande amore, perché i miti, per poter essere ritenuti credibili e scendere dall’Olimpo sulla Terra, è necessario che abbiano da parte degli uomini una grande passione, un grande trasporto. E’ un mito perché nessun giudice riesce a sottrarre totalmente il suo giudizio ai limiti della sua cultura, ai limiti della sua coscienza, al buio delle sue fedi, all’imperscrutabilità dei suoi desideri, all’affanno, alla gaiezza della sua personale vicenda umana, al peso della sua estrazione sociale, alla sua ideologia e probabilmente anche ai problemi che ha con la sua amante. Naturalmente c’è un minimo che le norme devono evidentemente garantire perché a prescindere dalle personali vicende umane e dalle personali convinzioni del magistrato si possa avere almeno all’esterno una parvenza di imparzialità, ed è per questo che i nostri costituenti fissarono questi paletti minimi che sono gli articoli: 101, i giudici sono soggetti solo alla legge, la Magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere; 104, il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale, articolo 112 della Costituzione.
Alcuni progressisti pare si siano accorti che tutte queste norme debbano essere riviste. Non so a quale progresso essi pensino, ma ritengono che il Pubblico Ministero, ad esempio, di cui si parla tanto in questi ultimi tempi, debba rientrare, si dice, si legge sui giornali, nei suoi compiti funzionali ed istituzionali. Non so se una norma possa imporre al Pubblico Ministero di non uscire dai suoi compiti istituzionali. Quello che la norma deve fissare è quale sia il compito istituzionale del giudice. Lo si può punire nel caso in cui esca dai suoi compiti istituzionali, ma più di questo credo non si possa fare.
Infatti, il nostro Paese, con il solito strabismo, invece di vedere i veri e reali problemi, va alla ricerca di soluzioni che stravolgono poi, a mio giudizio, o potrebbero stravolgere, sto cercando con molta modestia o nei limiti che posso, naturalmente di introdurre alcuni temi che probabilmente potrebbero essere sottoposti alla vostra attenzione.
Una volta ci si scagliava contro i pretori d’assalto e si diceva che i pretori d’assalto minavano la certezza del diritto. La certezza del diritto, a mio giudizio è un mito. La norma va interpretata, va interpretata secondo la coscienza del momento storico che si sta vivendo. Se un pretore d’assalto un giorno ha detto che un povero lavoratore non può essere licenziato perché così riteneva dovesse interpretarsi la norma o dovesse interpretarsi la Costituzione, non vedo quale parzialità possa ravvisarsi in un pretore che pure interpretando secondo la sua personale convinzione ideologica una norma, abbia potuto commettere quello che altri potrebbero ritenere un errore.
Quello che più preoccupa, almeno il sottoscritto, potrebbe non preoccupare altri, evidentemente. In questo momento storico è il fatto che si voglia raggiungere la certezza del diritto, si pretenda di poter raggiungere la certezza del diritto attraverso una valutazione annuale dei criteri che il Pubblico Ministero dovrebbe seguire nell’esercizio dell’azione penale.
Secondo me è molto pericoloso, una cosa del genere è anche furba, perché chi l’ha proposta sa bene che probabilmente potrebbero esserci poche obiezioni al fatto che il Parlamento, annualmente, il potere legislativo, il potere sovrano, quindi il potere che si esercita per il popolo, al fatto che il Parlamento possa effettivamente ogni anno stabilire quali sono i criteri che si dovrebbero eseguire nell’esercizio nazionale.
Secondo me è una cosa, questa, sulla quale le coscienze dei giuristi dovrebbero ribellarsi, anche perché è insita in questa proposta una pericolosità sconvolgente: il fatto che si affidi al Parlamento una valutazione di questo genere, lo strabismo.
Lo strabismo di questo Paese è proprio questo, prima si criticavano i pretori d’assalto, a mio giudizio, posso anche sbagliare, ritenevano di introdurre in alcune loro pronunce direttamente principi costituzionali, forse sbagliavano, non voglio entrare nel merito della questione, oggi si cerca invece di risolvere problemi di difetto, non dell’ordinamento, ma di difetto di funzionamento dell’ordinamento che deve rimanere, secondo me, che sono un conservatore e mi vanto di essere un conservatore di questa Costituzione. Il difetto dell’ordinamento lo vogliono risolvere cambiando, stravolgendo l’ordinamento.
Questo mio giudizio è una cosa che nel caso fosse introdotta nel nostro ordinamento sarebbe del tutto sconvolgente. Così come si criticavano quei pretori, oggi si criticano i Pubblici Ministeri. Questo consente la nostra struttura organizzativa giudiziaria. Consente, purtroppo, che se mi occupo di una denuncia, di un’azione penale, non mi posso occupare delle altre cento, e con questo stabiliamo aprioristicamente se io devo perseguire solo ed esclusivamente degli scippatori, se devo perseguire solo ed esclusivamente i ladri d’auto o se invece devo perseguire o devo indagare a fondo sulla piaga della corruzione.
Il Parlamento, voi credete che con i venti che corrono al principio dell’anno direbbe ai Pubblici Ministeri di indagare sui fenomeni corruttivi dell’alta burocrazia, invece di dire che la burocrazia è una cosa che non si deve assolutamente ammettere e che va solo stabilito se si debba punire più il corruttore o il corrotto. Semmai va stabilito solo questo, oggi si vuole introdurre il criterio di valutazione aprioristica dell’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero. Questo, credo che sia uno dei problemi di cui questa Tavola Rotonda si può occupare.
Come diceva l’avv. Maurizio de Stefano, e su questo sono d’accordo, l’Italia, sul piano formale, sul piano dell’applicazione del contenuto del diritto alla giustizia, che appunto è il diritto all’imparzialità, su questo piano l’Italia forse è un pochino più avanzata degli altri paesi.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in data 1 ottobre 1982 stabiliva questo principio: "L’esigenza di assicurare un tribunale imparziale non può comportare l’esclusione dal collegio giudicante di un magistrato per la sola ragione che questi abbia in precedenza fatto parte dell’ufficio che ha istruito la causa".
Una soluzione contraria, fondata su una concezione rigida e formalistica dell’unità e dell’indivisibilità dell’ufficio del Pubblico Ministero, porterebbe ad una separazione eccessiva tra magistratura requirente e magistratura giudicante, suscettibile di sconvolgere il sistema giudiziario di molti stati della Convenzione Europea. Questo stabiliva la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 1982, anche se auspicava evidentemente che il Pubblico Ministero non facesse parte di collegi giudicanti troppo faciloni.
Nessun commento:
Posta un commento