venerdì 12 agosto 2011

TUTTE TOGHE ROSSE ?

Documento di 20 compagni di Magistratura democratica



La nostra presenza all'interno di un settore, la Magistratura, ancora una volta sottoposta a pressioni per le nuove dimensioni dello scontro sociale in atto, ci spinge a proporre alle forze della sinistra una riflessione sui dati di realtà sociale con cui quotidianamente ci confrontiamo. Un'importante occasione di dibattito ci pare è auspicabile, riesca ad assumere dimensioni di massa e che è importante arricchire il convegno di Bologna del 23 25 settembre prossimo, si tratta di una scadenza che di contributi da esperienze di lavoro politico e professionale; oltre che di quelle provenienti dai diretti protagonisti delle lotte degli ultimi mesi.
Siamo consapevoli dei rischi di strumentalizzazione di parte o di generazioni avventuristiche che aleggiano, anche se ingigantiti da una stampa interessata, intorno al convegno di Bologna. Sono comunque pericoli che non possono essere su,perati né da una ghettizzazione delle forze sociali e politiche che agiscono all'interno del convegno, né tanto meno da una aprioristica attribuzione a queste forze di un ruolo e di una volontà di provocazione.
Essenziale, viceversa, è assicurare tutte quelle presenze che riescano ad inserirsi nella domanda di dibattito politico posta dal movimento come una sua esigenza reale. In questo senso rivolgiamo questa riflessione anche ai compagni che militano nell'area della sinistra storica, che riteniamo debbano essere investiti dal dibattito. Questo anche per accettare, come intellettuali, l'invito a « sporcarsi » cioé a confrontarsi, pur da posizioni divergenti, con le varie forze della sinistra.
Ancora una volta è di attualità il tema della repressione e dell'assetto dello stato. Una risposta agli interrogativi che su questo tema si sono proposti non può che prendere le mosse dalla profonda svolta politica che l'accordo a sei ha ufficialmente sancito.
Per questa via si sta producendo un profondo processo di impoverimento di quegli strumenti ideologici che in passato avevano consentito alla classe operaia di bloccare gli attacchi più massicci portatele contro in questi anni.
Ad esempio, ieri si individuava con chiarezza il preciso segno di classe nella gestione della strategia della tensione. Oggi, gli episodi di cui quella stessa strategia continua ad alimentarsi, sono attribuiti genericamente all'azione di un oscuro nemico di tutte le classi o di una tessitura di trame importate dall'estero, trascurando di individuare la matrice politica. Alla denunzia del ruolo giocato dai vari apparati dello stato nell'attacco si è sovrapposto il concetto acritico di istituzione il cui segno è comunque democratico anche quando la struttura interna, i metodi di gestione, la incapacità di aprirsi ad un controllo popolare sono rimasti sostanzialmente immutati.
La preoccupazione conseguente all'accordo a sei di mantenere il difficile equilibrio tra le forze politiche, porta all'indebolimento anche di quelle forze innovatrici interne alle istituzioni, come Magistratura democratica, che non possono contare su di un referente politico nella loro opposizione alla natura gerarchica, burocratica, accentratrice dello stato.
Tutto il fronte delle lotte nelle istituzioni risulta d'altro canto fiaccato. Sono molteplici e vari i segni di questa generale smobilitazione del controllo democratico sulle istituzioni, che l'accordo impone. Essi vanno dalla prudenza che caratterizza la denunzia delle responsabilità democristiane nei processi per le trame fasciste e golpiste, al mancato approfondimento delle collusioni governative nella fuga di Kappler, al prevedibile affossamento dello scandalo di regime connesso al caso Lockheed. Il malcostume amministrativo e le ruberie di Stato rivelatisi in Friuli e nelle spartizioni di fette di potere economico, non hanno inoltre visto momenti di opposizione tali da risolversi almeno in un principio di mutamento delle prassi di potere sin qui seguite dalla classe dirigente.

Le illegalità innegabili

L'impiego di squadre speciali di poliziotti, la soppressione per un mese del diritto di manifestazione a Roma, la creazione di carceri « speciali » rappresentano innegabili illegalità e producono, con l'acquiescenza che accompagna questi episodi, un allarmante fenomeno di assuefazione alla criminalità del potere ed alla brutalità degli apparati. La tendenza controriformatrice in atto dal 1974, che ha comportatl) non solo il blocco di ogni proposta innovatrice come il nuovo Codice di Procedura Penale ma un arretramento della legislazione rispetto allo stesso codice Rocco, ha trovato, nell'accordo a sei, la sua definitiva sanzione politica e la premessa per ulteriori gravi sviluppi. L'accordo ha avuto un principio di attuazione 1'8 agosto scorso, con l'approvazione in commissione e quindi senza dibattito in aula, di tre leggi che ribadiscono la tendenza a scaricare autoritariamente sugli « utenti » I'inefficienza della macchina giudiziaria e introducono nuovi strumenti di repressione facilmente utilizzabili contro il dissenso politico e le lotte sociali (aggravamento di pena e arresto in flagranza per l'uso di caschi, sequestro e confisca dei covi).

Un'altra legge relativa ai permessi ai detenuti ha di fatto vanificato la più importante innovazione della riforma carceraria, riducendo le ipotesi in cui è possibile concedere i permessi e frapponendo ostacoli alla pratica usufruibilità da pare degli interessati. Altri e più autoritari progetti, tra cui il famigerato fermo di polizia, I'estensione delle perquisizioni e delle intercettazioni, sono in cantiere nel.'agenda parlamentare o governativa.

Situazione grave

L'involuzione del quadro costituzionale determinata da questa legislazione è sempre più spesso giustificata come una necessità: la difesa dello Stato contro l'eversione crescente. Si tratta di una parola d'ordine che apre la via allo scivoloso terreno delle abdicazioni dei diritti costituzionali, secondo una tendenza ormai generale in tutti i paesi di capitalismo avanzato.

Ma anche sul piano dell'efficienza repressiva si tratta di risposte destinate a non raggiungere lo scopo, perché incapaci di fronteggiare fenomeni che hanno origine precisa nella marginalizzazione crescente di larghe masse, espulse o mai entrate nel processo produttivo, e rese disperate dalla disgregazione politica e culturale.

Contro chi non si allinea prontamente all'interno delle istituzioni a questa ideologia dell'ordine e dello stato di emergenza, vengono messe in atto misure più drastiche di persuasione: i giudici di sorveglianza rei di una applicazione liberale della riforma carceraria, vengono puniti con la sospensione dell'incarico una intera corrente di magistrati, che aveva avanzato preoccupazioni sulla involuzione del quadro politico e legislativo, viene tenuta sotto la costante minaccia di sanzioni disciplinari.

La stabilità politica è assunta come valore fondamentale: le lotte sociali e le proteste politiche, indotte dai sempre crescenti bisogni (manifestazioni dei disoccupati, occupazioni di case, proteste giovanili, ecc.) sono così in questi ultimi mesi divenute le punte di emersione della nuova « criminalità » politica. I preoccupanti livelli di repressione risultanti da questo quadro, la mancanza di una forza politica di reale opposizione che si faccia carico di un controllo sugli apparati statali ci sembrano i connotati più gravi della situazione: è su questi dati che riteniamo di dover richiamare l'attenzione e il dibattito all'interno della sinistra.

Giangiulio Ambrosini
Diego Benanti
Antonio Bevere
Romano Canosa
Corradino Castriota
Gabriele Cerminara
Fausto Ciuchini
Giuseppe Di Lello
Gaetano Dragotto
Aurelio Galasso

Bianca Lamonaca
Franco Misiani
Franco Marrone
Riccardo Morra
Filippo Paone
Ernesto Rossi
Luigi Saraceni
Gianfranco Viglietta
Aldo Vitozzi
Massimo Gaglione (tutti di Magistratura Democratica).

COSA PENSATE DELLA ASOCIAZIONE MAGISTRATURA DEMOCRATICA


Fra gli organismi associativi della magistratura, Magistratura democratica si caratterizza per un'ispirazione ideologica maggiormente di sinistra ed improntata alla difesa dell'autonomia e indipendenza del potere giudiziario rispetto agli altri poteri dello stato, in un'ottica che per questo in passato ha spesso trovato punti di corrispondenza nell'azione politica del Partito Comunista Italiano e della sinistra extraparlamentare, e di partiti quali Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani e le correnti di sinistra del Partito Democratico nel contesto politico attuale. MD è stata fondata a Bologna il 4 luglio 1964, e ha visto progressivamente crescere il proprio peso all'interno dell'Associazione Nazionale Magistrati. Nel 1969 una scissione interna ha dimezzato i risultati alle elezioni dell'ANM del 1970 rispetto alle precedenti. Gli aderenti a MD si divisero in due parti: la prima rimase appunto all'interno di Magistratura Democratica, la seconda (guidata da Adolfo Beria d’Argentine) uscì da MD e confluì nel movimento "Impegno Costituzionale". Il gruppo di "Impegno Costituzionale" contestava lo spirito fanatico e antidemocratico dei membri di MD, e in particolare l'atteggiamento di ambiguità o di approvazione nei confronti dei militanti violenti delle organizzazioni di estrema sinistra e del nascente terrorismo [1]. Nelle elezioni del 1999 e del 2003 è risultata seconda dietro al gruppo Unità per la Costituzione. MD è inserita nel circuito Medel (Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés), una rete di associazioni di magistrati di vari Paesi europei.

Magistratura democratica ha circa 900 aderenti in tutta Italia.

Gli Organi di Magistratura democratica sono: - Il Congresso costituito da tutti gli iscritti, che possono partecipare personalmente o a mezzo di delegati eletti secondo le norme dello statuto dell'Anm; ogni delegato non può rappresentare più di dieci aderenti; - Il Consiglio Nazionale composto da venti consiglieri, dieci uomini e dieci donne, eletti ogni due anni durante il Congresso; - Il Comitato Esecutivo composto dal Segretario Generale e da nove membri, eletti fra i componenti del Consiglio Nazionale; è presieduto dal Segretario Nazionale; - Le sezioni, costituite nell'ambito territoriale di ciascun distretto di corte d'appello o di più distretti finitimi; ogni assemblea di Sezione designa al suo interno un Segretario; le sezioni hanno una loro autonoma organizzazione interna.

I componenti del Consiglio Nazionale eletti dal XVI Congresso Nazionale, tenutosi a Roma dall'8 all'11 febbraio 2007, sono: Marisa Acagnino, Silvia Albano, Vittorio Borraccetti, Edmondo Bruti Liberati, Daniele Cappuccio, Linda D'Ancona, Donatella Donati, Valeria Fazio, Gianfranco Gilardi, Maria Rosaria Guglielmi, Giovanna Ichino, Manuela Massenz, Francesco Menditto, Luca Minniti, Rita Sanlorenzo, Giuseppe Santalucia, Emilio Sirianni, Anna Luisa Terzi, Fabrizio Vanorio e Francesco Vigorito. Il 3 marzo 2007 il Consiglio Nazionale ha poi eletto: il Presidente Edmondo Bruti Liberati ed il Segretario Generale Rita Sanlorenzo. Il Comitato esecutivo centrale, eletto il 3 marzo 2007, è composto dal Segretario Generale Rita Sanlorenzo e da: Marisa Acagnino, Silvia Albano, Linda D'Ancona, Donatella Donati, Valeria Fazio, Luca Minniti, Giuseppe Santalucia, Emilio Sirianni, Fabrizio Vanorio. Tesoriere nazionale è stato nominato

TOGHE EVERSIVE, ECCO PERCHE' SERVE UNA COMMISSIONE D'INCHIESTA

Da "IL GIORNALE" di martedì 10 maggio 2011
Toghe eversive, ecco perché serve una commissione d`inchiesta Il premier rilancia: KVer ficare l`esistenza di un`associazione a delinquere fra i Pw Nello statuto di Magistratura democratica la conferma della loro militanza politica Anna Maria Greco Roma Silvio Berlusconi vuole «una commissione d`inchiestaper evidenziare se all`interno della magistratura ci sia un`associazione con fini a delinquere».
Il premier ne parla uscendo dal tribunale di Milano, dopo l`udienza del processo Mills, ma non è una novità assoluta se l`ultima proposta di legge sull`uso politico della giustizia, presentata a febbraio 2010 da Jole Santelli e Giorgio Stracquadanio, ripropone quella firmata da Fabrizio Cicchetto e Michele Saponara nel 2001.
Il Cavaliere e i suoi pensano a quella magistratura militante, con le bandiere rosse e lo spirito fortemente ideologizzato, che da sempre è stata in stretto collegamento con il Pci prima e i suoi eredi poi, fino all`attuale Pd, ma anche con Rifondazione comunista, Pdci e alcune forze extraparlamentari.
Chi si sorprende e si sgomenta, come Osvaldo Napoli del Pdl, di fronte al documento costitutivo di Magistratura democratica, forse non ha seguito negli anni la storia del collateralismo politico di questa corrente di sinistra delle toghe.
Il vicepresidente dei deputati pidiellini invita tutti a rileggere quel testo, mentre si onorano i magistrati vittime del terrorismo e infuri ala polemica, con il solito Umberto Bossi che prende le distanze: «Commissione d`inchiesta? Non so cosa sia. Non parlo di magistrati, perché ce n`è qualcuno stronzo ma uno non può dire che siano tutti stronzi».
Più che un sindacato, Md in effetti appare come una formazione «combattente» che vuole attuare un ben preciso modello politico-sociale. «Occorre rendere esplicito - si legge nell`atto di nascita - il fondamento ideologico degli obiettivi che l`associazione propugna. In altre parole oc- corre inserire codesti obiettivi in un`organica concezione della società e dello Stato».
Dalla fondazione a Bologna nel 1964, la corrente negli anni si organizza, meticolosamente e capillarmente sul territorio, per reclutare, formare, indottrinare e pungolare schiere di magistrati «impegnati» in un preciso progetto politico.
Dice ancora l`atto di fondazione:
«Il movimento si pone di indirizzare l`attività associativa ad una radicale svolta che la situazione generale del Paese e le aspettative in essa prepotentemente affiorate rivelano ormai matura. Tali aspettative si concretano nella richiesta ogni ora più pressante di rottura delle strutture istituzionali ereditate da un lontano e tragico passato e nella esigenza di instaurare la nuova tavola di valori scaturita dalla Resistenza e consacrata nella Costituzione».
Bastano pochi anni adAdolfo Beria d`Argentine per capi- re che Md è troppo organica al partito della falce e martello e addirittura vicina a forze extraparlamentari così fanatiche e violente da fiancheggiare il terrorismo. È lui, nel 1969 a guidare gli scissionisti che lasciano la corrente e fondano il movimento «Impegno costituzionale».
Md negli anni si alimenta agli scritti di giuristi come Franco Bricola, Giorgio Ghezzi, Stefano Rodotà, Franco Cordero, Gustavo Zagrebelsky.
E continua a richiedere una precisa scelta di campo ai suoi iscritti, superando i timori di eventuali accuse. «Il superamento del piano corporativo - dice ancora l`atto fondativo - inevitabilmente comporta una presa di posizione ideo logica, perché ad essa ci si è sempre inconsciamente o consciamente sottratti evidentemente nell`erroneo timore che l`affrontarla conducesse ad assumere una qualificazione politica determinata».
Un timore, viene da dire, non così erroneo.
IN ROSSO È ancora scontro fra Silvio Berlusconi e i magistrati di Milano Durante una pausa dei processo Mills il premier ha auspicato la creazione di una commissione d`inchiesta suiruso politico della giustizia.
A Montecitorio c`è già una proposta del Pdl per istituirla [Ansa] Quaranta onorevoli 007 per indagare sui rapporti tra giudici e partiti Presentata alla Camerail4 febbraio 2010, la proposta di legge che ha come prima firmataria Jole Santelli (Pdl) prevedeunacommissione di inchiesta sull`uso politico della giustizia. Sarebbe formata da 20 senatori e 20 deputati, scelti dai presidenti delle Camere in modo proporzionale alle forze politiche. Entro un anno dovrebbe accertare:
irapportifra partitie magistratura;
presunti obiettivi politici delle toghe; l`influenza delle correnti su giudici e pm; l`esistenza di casi di esercizio mirato dell`azione penale; l`esistenza dicasi dimancato o ritar dato esercizio dell`azione penale afini extragiudiziari;
se singoli esponenti o gruppi nella magistratura abbiano agito per interferire con l`attività parlamentare e di governo; se e come vada riformato l`ordinamento giudiziario e le procedure penali e civili per «garantire il funzionamento equo, celere e imparziale della giustizia». La commissione avrebbe gli stessi poteri dell`autorità giudiziaria per svolgere le indagini.
Di fronte a essa non si potrebbe opporre il segreto di Stato.

DALL'INTOLLERANZA RELIGIOSA ALLA TOLLERANZA

DALL'INTOLLERANZA RELIGIOSA ALLA TOLLERANZA
A cura di Nunzio Angiolilli

Definizione del concetto di tolleranza
La tolleranza viene definita come un atteggiamento o uno stato d’animo per il quale si ammette che altri professino differenti principi religiosi, etici, politici. In senso stretto essa non è una virtù poiché ha come oggetto un male che viene tollerato per necessità variamente motivate e fondate che non portano mai ad un’autentica e piena affermazione di ciò che è tollerato. Nonostante tale definizione essenzialmente negativa di tolleranza, tuttavia si riconosce a quest’ultima una funzione positiva: la tolleranza permette infatti che esista una pluralità di posizioni e quindi di opinioni in tutti i campi dove essa sia esercitata. Contribuisce perciò alla ricerca della verità, alla quale si rapporta in modo dialettico.
Sviluppi del dibattito sul concetto di tolleranza

Nascita del principio di tolleranza La questione della tolleranza inizia ad essere discussa soprattutto in Francia, Inghilterra e Boemia (stati in cui si affermano diversi punti di vista religiosi) intorno al XVI secolo, periodo ricco di avvenimenti come la Riforma, la Controriforma, la costituzione degli stati assoluti e le guerre per il predominio europeo. L’omogeneità ideologica e culturale viene meno con l’indebolirsi dell’Impero e con la nascita di confessioni diverse da quella cattolica, che proprio in questo periodo conoscono la loro diffusione. Ciò dimostra come sia inizialmente l’ambito religioso quello ad essere interessato al problema della tolleranza: la teoria della tolleranza religiosa stabilisce che è meglio astenersi dal perseguire posizioni morali o religiose giudicate riprovevoli. In questo caso la scelta di tollerare è vista come il minore dei mali, perché la repressione delle idee contrastanti provocherebbe problemi ancora peggiori. Un precursore della teoria della tolleranza religiosa fu Marsilio da Padova (1275-1343), che sosteneva la validità di un metodo di insegnamento e di correzione piuttosto di uno che imponesse la fede per coercizione; la fede imposta con la forza non procura la salvezza dell’anima. Inoltre, nel suo Defensor Pacis, viene attribuita una qualche validità anche a convinzioni e regole che esulano dalla rispondenza stretta dalla verità proclamata dalla Chiesa. Un’altra tappa principale dello sviluppo del principio della tolleranza è l’Umanesimo. Esso favorisce la dimensione interiore dell’individuo per il raggiungimento della tranquillità con Cristo. Sempre in campo umanistico prende poi corpo un significato ideologico-politico della religione come forma di controllo sulle masse. Una delle cause del fanatismo religioso, questione particolarmente dibattuta dal protestantesimo, deriva dallo scontro fra una concezione umanistica della religione (che propone un libero esame nel rapporto uomo-Dio) e una assolutistica (che nega, considerandolo un crimine, tale libero esame). Il fenomeno del fanatismo è da intendere diversamente nella confessione protestante e in quella cattolica: nella prima si attua la persecuzione poiché il dissenso viene visto come un crimine contro le istituzioni, mentre nella seconda si afferma la cultura del sospetto che ha il suo strumento nell’Inquisizione.

La Famiglia della Boccassini



Il paragone fra certi p.m. di Magistratura Democratica e gli estremisti della Brigate Rosse è sicuramente improprio ma il fanatismo e la propensione agli affari degli uni e degli altri è sicuramente simile.

Ilda Boccassini appartiene a una delle famiglie di magistrati più corrotte della storia d'Italia. Suo zio Magistrato Nicola Boccassini fu arrestato e condannato per associazione a delinquere, concussione corruzione, favoreggiamento e abuso di ufficio perchè spillò con altri sodali e con ricatti vari 186 milioni di vecchie lire a un imprenditore. Vedi: [ricerca.repubblica.it] (vendeva processi per un poker repubblica)

Anche suo padre Magistrato e suo cugino acquisito Attilio Roscia furono inquisiti. Suo marito Alberto Nobili fu denunciato alla procura di Brescia da Pierluigi Vigna, Magistrato integerrimo e universalmente stimato per presunte collusioni con gli affiliati di Cosa Nostra che gestivano l'Autoparco Milanese di via Salamone a Milano. Vedi: [ricerca.repubblica.it] (attacco ai giudici di Milano Repubblica) [ricerca.repubblica.it] (Brescia torna inchiesta autoparco). Non se ne fece niente perchè la denuncia finì nelle mani del giudice Fabio Salomone, fratello di Filippo Salomone, imprenditore siciliano condannato a sei anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso. Vedi: [www.antoniodipietro.com]

L'Autoparco milanese di via Salomone era un crocevia di armi e di droga ha funzionato per 9 anni di seguito (dal 1984 al 1993), fu smantellato dai magistrati fiorentini e non da quelli milanesi e muoveva 700 milioni di vecchie lire al giorno. A Milano tutti sapevano che cosa si faceva lì dentro.

Visto ciò che è emerso a carico del marito per l'Autoparco e visto ciò che sta emergendo a carico del giudice Francesco Di Maggio (anche lui della Procura di Milano) relativamente alla strage di Capaci (Vedi [www.19luglio1992.com]) anche il suo trasferimento a Caltanisetta nel 1992 appare sospetto.

In realtà a quel tempo sei magistrati massoni della Procura di Milano appoggiavano il progetto di Riina e Gardini, i quali erano soci, di acquisire Eni e poi di fondare Enimont e quindi da un lato favorivano l'acquisizione di denaro da parte di Cosa Nostra tutelando l'Autoparco (700.000.000 di vecchie lire al giorno di movimento di denaro) tutelando i traffici con il c.d. metodo Ros (502.000.000 di euro di ammanchi) e simulando con altre inchieste minori (Duomo Connenction, Epaminonda) un contrasto alla mafia che in realtà non c'era, dall'altro con Di Maggio intervennero pesantemente in Sicilia già nel 1989 per contrastare un attacco della FBI americana contro i corleonesi attraverso il pentito Totuccio Contorno e facendo ricadere la responsabilità delle lettere del corvo su Falcone, poi attentato simulatamente dalla stessa Polizia. Vedi: [www.siciliainformazioni.com] Poi nel 1992 sempre con uomini di Di Maggio contribuirono alla strage di Capaci ove morì Giovanni Falcone il quale si opponeva acchè il progetto Enimont, a quel tempo gestito da Andreotti e da Craxi, tornasse nelle mani di Gardini e di Riina.

Ora è noto ormai che anche le Brigate Rosse eseguirono il sequestro Moro per affarismo e rifiutarono dieci miliardi di vecchie lire da parte del Papa Paolo VI per liberare Aldo Moro perchè qualcun altro le remunerò di più. Vedi: [www.storiain.net]

Napolitano ha ben fatto appello più volte a questi Magistrati di moderarsi.

Palamara non c'entra niente con questo discorso perchè è un buon Magistrato ed è affiliato a Unicost, una corrente di magistrati seri e responsabili e non a M.D.

http://vignette.oknotizie.virgilio.it/info/784002d4ab2c7980/via_le_br_dalle_procure.html

Il sistema teorico di Michels


Michels studia il partito socialdemocratico tedesco e perviene alla conclusione che nel partito politico si attuano le stesse dinamiche che interessano lo Stato. Un esempio è l’SPD, che per la sua natura dovrebbe coinvolgere maggiormente le masse, ma invece è interessato da processi fortemente oligarchici. Nel suo pensiero il parlamento diventa il luogo in cui le burocrazie dei partiti si accordano, Michels dirà: “io di rivoluzioni ne ho viste tante, di democrazie mai”. Anche in un regime democratico sono i vertici del partito che si fanno eleggere: legge ferrea dell’oligarchia. In realtà nel parlamento non esiste una vera competizione tra partiti, poiché i vari dirigenti hanno interesse a perpetuare la situazione in essere.
Michels discute di questi argomenti con Max Weber, c’è bisogno di una novità in politica e la può portare solo l’”eroe carismatico”, dal momento che al parlamento viene attribuita una valenza negativa. C’è bisogno di un’idea nuova e carismatica: il fascismo; verrà, così, meno la mediazione dei partiti tra leader e popolo e si instaurerà tra di essi un rapporto diretto. A differenza di Weber, il quale ritiene che il carisma del leader si possa formare in parlamento, Michels ritiene che per esserci carisma non si possa prescindere da un rapporto diretto e non mediato con il popolo. Maggioranza e opposizione fanno finta di lottare: il loro scopo è di farsi rieleggere e di perpetuarsi al potere. Con l’adesione al fascismo trova un'alternativa alla ‘’legge ferrea dell’oligarchia’’, che ha per lui una valenza fortemente negativa. Il fascismo esprime un leader carismatico, e questo è l’unico modo per superare la pseudemocrazia che era affermata.
Approfondendo alcuni brani tratti da “L’oligarchia organica costituzionale” si possono enucleare alcuni tratti del sistema teorico di Michels:
  • Il parlamentarismo è una falsa leggenda: non siamo noi che votiamo i rappresentanti ma i rappresentanti che si fanno scegliere da noi,
  • Lo Stato non importa alla maggior parte delle persone, soprattutto per ciò che attiene le vicende prettamente istituzionali: non si può sperare che la partecipazione parta dal basso,
  • Le classi politiche non si sostituiscono come ci aveva spiegato Pareto; puntano, invece, all’amalgama, si servono della cooptazione per non perdere mai il loro potere,
  • L’opposizione parlamentare mira all’unico scopo, in teoria, di sostituire la classe dirigente avversaria; in pratica, invece, finisce per amalgamarsi con la classe politica al governo,
  • A nulla valgono i movimenti popolari, perché chi li guida abbandona la massa e viene assorbito dalla classe politica: “parte incendiario e arriva pompiere”.
Anche dalla lettura di passi tratti da “La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia” si possono trarre alcuni spunti interessanti:
  • È una funzione scientifica dimostrare l’inganno del parlamentarismo,
  • Non è vero che ad una rivoluzione seguirà un regime democratico,
  • I socialisti democratici vengono definiti “fanatici partigiani dell’organizzazione”.
“Chi dice organizzazione dice tendenza all’oligarchia”; l’organizzazione e la seguente degenerazione oligarchica causano veri e propri mutamenti genetici nei partiti socialdemocratici: le masse non possono più interferire con le decisioni, i capi non sono più gli organi esecutivi della volontà della massa ma si emancipano completamente dalla massa stessa. Tanto più grande diventerà il partito, tanto di più si riempiranno le sue casse e la tendenza oligarchica si farà strada con maggior vigore; la base non potrà più controllare in alcun modo i vertici del partito. Il regime democratico non è molto confacente ai bisogni tattici dei partiti politici: il partito politico, così come si deve organizzare per competere con gli altri partiti, è qualcosa di distante dalla comune idea di democrazia. Il principio della democrazia è ideale e legale (perché comunque si va a votare) ma non è reale in quanto, in realtà, la base non può scegliere nulla. Votando non diventiamo compartecipi del potere: “la scienza ha il dovere di strappare questa benda dagli occhi delle masse”. Anche Michels, perciò, ha un approccio scientifico e non ideologico. “La formazione di regimi oligarchici nel seno dei sistemi democratici moderni è organica”. “L’organizzazione è la madre della signoria degli eletti sugli elettori”.
Una frase sintetizza con efficacia il pensiero di Michels: “sulla base democratica si innalza, nascondendola, la struttura oligarchica dell’edificio”.

Parte della Relazione di Giuseppe Cascini XXIX CONGRESSO ANM

2. Le sfide dell'associazione
Con questo congresso l'ANM ha voluto lanciare una sfida. Alla politica e al
paese, ma anche al proprio interno.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da conflitti originati da
aggressioni sistematiche alla funzione giudiziaria e alla sua indipendenza.
Sulla scia di questo scontro la politica ha concentrato tutta la sua
attenzione sull'ordinamento dei magistrati, forse nella illusoria speranza
che la crisi di legalità che attraversava il paese, emersa con tutta la sua
forza nella stagione di tangentopoli, potesse essere risolta non
aggredendone le cause profonde, ma limitando l'indipendenza dei magistrati.
Un po' come un ammalato che cerchi di cambiare il medico nella speranza di
ottenere una diagnosi più favorevole.
Dalla commissione bicamerale alla riforma dell'ordinamento giudiziario del
ministro Castelli questo è stato il leit-motiv della politica in questi
anni.
L'ANM ha contrastato il disegno di riduzione della indipendenza della
magistratura con gli strumenti a propria disposizione.
Non potevamo fare diversamente, ma dobbiamo essere consapevoli che questo
scontro ha finito per logorare la magistratura, la giustizia, il paese.
Nel frattempo, la crisi della giustizia, sulle cui cause risalenti sono
mancati gli interventi necessari, si è fatta sempre più grave. Il che, unito
ai continui attacchi, anche mediatici, nei confronti della magistratura e
delle sue decisioni, ha contribuito a minare la credibilità del sistema
giudiziario. Ma attenzione: la credibilità del sistema giudiziario e delle
sue decisioni è un valore irrinunciabile di uno Stato democratico; la tutela
della credibilità della giustizia è dunque un obbligo, prima ancora che un
interesse, in primo luogo per tutti coloro che ricoprono incarichi
istituzionali.

Magistratura democratica

Magistratura democratica è un'associazione aperta alla adesione di tutti i magistrati (art. 1 dello statuto) che aderisce, in sede nazionale, all'Associazione nazionale magistrati (ANM) e, in sede europea, a Magistrats europeèns pour la démocratie et les libertés (Medel).
Pur essendo una componente dell'Anm, md ha, rispetto a quest'ultima, una precisa autonomia, non solo in termini statutari, ma anche nella concreta partecipazione alle iniziative delle due associazioni: è possibile l'adesione a md senza adesione all'Anm.
Md ha organi di stampa propri (Il Notiziario, Questione Giustizia e Diritto, immigrazione e cittadinanza, quest'ultimo curato insieme all'ASGI), e aderisce -come detto - a Medel di cui non fa parte l'Anm.
Gli scopi di md non sono contenuti nello statuto ma sono chiaramente desumibili, oltre che dalla sua storia, da quelli indicati nello statuto di Medel, il cui art. 3 recita:
"L'Associazione ha come obiettivi:
  1. lo sviluppo di una cultura giurisdizionale europea fondata sul rispetto, in ogni circostanza, dei principi dello Stato di diritto democratico, tra i quali spiccano in primo luogo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
  2. la protezione delle differenze tra gli esseri umani e dei diritti delle minoranze, specialmente dei diritti degli immigrati e dei meno abbienti, in una prospettiva di emancipazione sociale dei più deboli;
  3. il sostegno all'integrazione comunitaria europea, in vista della creazione di una unione politica europea preoccupata della giustizia sociale;
  4. la difesa dell'indipendenza del potere giudiziario nei confronti sia di ogni altro potere che di interessi particolari;
  5. la ricerca e la promozione delle tecniche organizzative idonee a garantire un servizio giudiziario rispondente al principio di trasparenza e tale da permettere il controllo dei cittadini sul suo funzionamento;
  6. la democratizzazione della magistratura, nel reclutamento e nelle condizioni di esercizio della professione, sostituendo il principio democratico a quello gerarchico, specialmente nel governo del corpo giudiziario;
  7. l'affermazione del diritto dei magistrati, come di tutti i cittadini, alle libertà di riunione e azione collettiva;
  8. la promozione di una cultura giuridica democratica tra i magistrati dei diversi paesi, attraverso lo scambio di informazioni e lo studio di argomenti comuni."